18 Aprile 2018
Oggi intervistiamo il bartender Alberto Ferraro, classe ‘80, napoletano. Inizia a muovere i primi passi in una società di catering. Abbandonati gli studi universitari, si trova a lavorare dietro i banconi di caffetterie e cocktail bar e, mosso dalla passione, inizia a studiare e sperimentare, fino a maturare una serie di esperienze tra le più disparate, dai rave party agli hotel.
Oggi, Alberto Ferraro è Head Bartender del Belmond Villa San Michele a Firenze. E noi l’abbiamo intervistato:
D: Cosa ti piace di più del tuo lavoro di bartender?
R: Direi innanzitutto di rendere entusiasta un cliente quel tanto che basta per farlo sorridere e sentirlo esclamare: era proprio quello che ci voleva!
Inoltre, la possibilità di sperimentare e di conoscere. Molti cocktail, oltre all’aspetto tecnico, portano con sé storie, aneddoti e rivelazioni ricche di fascino che ti permettono di raccontare intrattenendo il cliente. Dai marinai al gossip, oggi più che mai il Barman è sempre “sul pezzo”.
D: Qual è il cocktail a cui sei più legato e perché?
R: Indiscutibilmente il Martini, il cocktail più iconico e più attraente, tanto da avere una sua cerchia di appassionati cosiddetti “Martiniani”. Talmente appassionati che ci sono molte scuole di pensiero su come lo si prepari in realtà, è un abito “couture sur-mesure”. Di aggettivi per descrivere il Martini ce ne sono tanti, ma per quanto mi riguarda lo riassumo in due: emotivo e di prestigio.
D: Quant’è importante il ghiaccio nei tuoi cocktail?
R: Il ghiaccio è indiscutibilmente il primo ingrediente col quale si “cuoce” a basse temperature. Un ingrediente talmente importante ed altrettanto evanescente da dover tenere sotto “controllo”. La sua capacità di resa per il cocktail finito è la chiave del successo. Considerando che il tempo è il sommo regolatore, basta una distrazione per rendere vano il lavoro. Per me che sono un romantico, il ghiaccio è lo strumento che aggiunge ritmo e suono al bar… quando si shekera, ogni cliente interrompe la sua conversazione e si volta per “ascoltare”.
Grazie Alberto!