9 Marzo 2018
Intervistiamo il bartender Matteo Zed, protagonista dell’imminente masterclass sul Bartending Giapponese, organizzata da Ice Cube in due differenti tappe: il 19 marzo a Brucoli (Siracusa) e il 20 marzo a Palermo.
D: Cosa ti piace di più del tuo lavoro di bartender?
R: Amo il mio lavoro al bar indipendentemente dal ruolo; i ruoli cambiano e vanno evolvendosi, perciò vi risponderò tenendo d’occhio ogni aspetto professionale dietro un banco bar.
Stare dietro un banco non è per tutti. Usando le parole di un grande professionista come Stanislav Vadrna, è una questione di sprezzatura. Devi saper sorridere, coinvolgere il cliente con le giuste parole, dargli la giusta riservatezza e tranquillità quando lo richiede, saperlo incantare, soddisfare nel gusto dei tuoi drink, saper mettere da parte il proprio ‘IO’ e pensare a quello degli altri. Tutto questo in parte vi spiega quello che più mi piace del mio lavoro dietro al bar, cioè poter regalare al mio cliente un momento speciale, qualcosa che migliori la sua giornata, usando la giusta accoglienza, le giuste parole, il drink giusto, l’atmosfera giusta, esattamente quella che stava cercando scegliendo me!
Da Manager amo condividere il mio know-how con il mio team, amo vederli entusiasti di un nuovo step lavorativo, un cocktail o un nuovo metodo di servizio, amo vederli impazienti di iniziare, amo conoscerli nel profondo, amo vederli crescere e volare, anche loro sono la mia competizione, non solo il mio cliente e la loro vittoria è una mia vittoria. Inoltre, amo ovviamente vedere un bar affollato, vederlo funzionare con le mie idee e vederlo vincente con la felicità dei miei ospiti.
D: Qual è il cocktail a cui sei più legato e perché?
R: Il cocktail a cui sono più affezionato è senza dubbio il Golden Mai Tai; esso ha segnato l’inizio per me di una strada fatta di successi e tutta in salita.
Fu il drink che portai alla Bacardi Legacy 2012, mia prima competizione internazionale, dove confrontandomi con bartenders provenienti da 27 diversi paesi, ancora oggi rappresento l’unico finalista Italiano, essendo l’unico ad aver superato le semi-finali tra i primi otto posti e completando la Gara Finale al terzo posto al mondo.
Ero uno sconosciuto al mondo del bar prima di quella gara e credo che nessuno in Italia mi dava tra i finalisti, eppure con la giusta simpatia, il giusto savoir faire italiano e una buona tecnica, ebbi il favore dei giudici e dei molti professionisti lì presenti, a cui ancora oggi sono legato e in contatto, i quali hanno premiato la mia personalità, sin da subito credendo in me, coinvolgendomi nel mondo del bartending internazionale con inviti a condividere il mio stile con diversi pop up intorno al mondo.
Se avessi fatto quel risultato oggi girerei il mondo con Bacardi come le nuove leve, purtroppo l’Azienda in questione in Italia all’epoca non considerava tutto questo, ciò rappresenta il mio unico rammarico; avrei voluto essere considerato e premiato allo stesso modo dalla mia nazione o comunque dal Brand che la rappresentava e invece sono tornato a casa solo con uno zainetto nuovo e qualche tools. Spero questo faccia capire ai giovani bartenders di quante più opportunità e vantaggi stiano godendo rispetto al recente passato.
D: Quant’è importante il ghiaccio nei tuoi cocktail?
R: Be’, il ghiaccio per me è importante non solo nei cocktail, ma è stato soprattutto importante per la mia vita. Vi spiego meglio…
Durante la Bacardi Legacy 2012 svoltasi a Portorico entrai in contatto e rimasi affascinato dal bartending nipponico. Tra i giudici di quella competizione c’era, perdonate la ripetizione, appunto Stanislav Vadrna, unico Bartender europeo ad aver avuto la fortuna di lavorare a Tokyo accanto al Sensei Katsuo Ueda. Egli ci raccontava e condivideva con noi le tecniche della miscelazione giapponese, a cui io ero già molto interessato, ma lì grazie a Stanislav e al vincitore – il giapponese Shingo Gokan – capii che se volevo capirne di più dovevo provare a lavorare in Giappone. L’occasione arrivò conoscendo un altro grande maestro del Bartending del Sol Levante, Mr Hidetsugu Ueno, che incontrai durante il bar Show di Berlino del 2012. Cominciai così a stalkerizzarlo sino a quando non acconsentì a farmi lavorare nel suo bar. Fu così che partii per il Giappone e cominciai a lavorare per il Sensei Ueno, dove osservando imparai molto sulle tecniche di miscelazione giapponesi, soprattutto sull’ice carving e su quanto fosse importante il ghiaccio, la sua forma, la sua sostanza, la sua purezza; su quanto fosse fondamentale all’interno di uno shaker e dentro un bicchiere.
Io ero l’addetto al ghiaccio, non c’era ghiaccio proveniente da fabbricatori nel bar ma solo tutto ciò che si poteva ricavare scolpendo 4 lastre di puro ghiaccio che arrivavano al bar ogni tarda mattinata. Lavoravo le lastre, le tagliavo in cubi di 2 diverse grandezze, più grandi e più piccoli, le dividevo in sfere e qualche cilindro; ogni giorno stessi movimenti, stessa tecnica fino ad acquisirne i dettagli, facendola mia, accorciando così i tempi del mio lavoro e di conseguenza migliorando la qualità del ghiaccio che tagliavo. Dunque, il ghiaccio rappresenta non solo un ingrediente fondamentale del mio lavoro, ma sopratutto un momento di vita professionale che mi ha dato molto sia come persona che come professionista, cambiando e segnando la mia carriera per sempre.
Speriamo che anche voi abbiate trovato un po’ di ispirazione dalle parole di Matteo Zed, che ringraziamo di cuore.
Alla prossima!